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Materiale Didattico

Come insegnare l’abilità di ascolto


Nei giorni scorsi ho incontrato due gruppi di colleghi docenti, il primo a Campobasso e il secondo ad Ancona, nell’ambito di due giornate di formazione organizzate da Loescher (potete trovare i prossimi eventi cliccando qui). È stata l’occasione di un bellissimo scambio di racconti e di esperienze, da cui è emerso, tra gli altri, un punto nodale: come insegnare efficacemente l’abilità di ascolto?

È anzitutto necessario condividere cosa si intenda per “insegnare l’abilità di ascolto”. Poiché spesso le attività di comprensione orale sono corredate da esercizi da svolgere, l’obiettivo implicito per gli studenti sembra diventare “sforzati di capire il più possibile e rispondi bene alle domande”. L’apparato di attività da un lato può guidare nella comprensione, e anzi sicuramente quando le richieste sono ben strutturate è proprio ciò che accade. Dall’altro il rischio è che chi sta ascoltando perda di vista il vero obiettivo di ogni ascolto: il processo. Quel processo che, se ben sviluppato e fornito di adeguate strategie, porterà al raggiungimento del macro-obiettivo di ogni proposta didattica: l’autonomia dello studente, non tanto e non solo in aula, ma soprattutto fuori, nel mondo, dove nessuna crocetta gli è data quando interagisce con le altre persone.

Più che capire se e quante risposte corrette sono state date, è fondamentale dunque riflettere sul perché siano state date quelle risposte.[1] Un’alta percentuale di risposte esatte non sempre denota un’elevata comprensione del brano proposto (in un vero/falso, ad esempio, a volte potrebbe trattarsi di casualità), così come un alto numero di errori non sempre segnala una bassa comprensione. Ci possono essere moltissime ragioni per cui, di fronte a un’informazione compresa alla perfezione, lo studente dà una risposta sbagliata. Un esempio su tutti: non ha compreso la domanda (cioè la domanda posta in forma di testo scritto relativamente al testo input orale). Sono sempre felice, come lo sono stata proprio ieri, quando uno studente che sbaglia risposta alza la mano e spiega che per lui la domanda non era chiara. Ma sappiamo che non sempre questo accade, e negli altri casi lo studente probabilmente si limiterà a vivere il momento con frustrazione, sperando di fare meglio alla prossima occasione, oppure, nella peggiore delle ipotesi, convincendosi di non capire nulla.

Proposta attività a costo zero: prima di svolgere qualsiasi task, al termine delle attività di pre-ascolto, invitare gli studenti ad ascoltare almeno due volte con libro chiuso e penna appoggiata. Spiegare che questo riflette esattamente ciò che accade nella vita vera, e che è importante che si concentrino sul brano, senza preoccuparsi di altre richieste.

Presupponendo poi che la sequenza di attività relative al testo input segua la scansione dal globale all’analitico, ad ogni esercizio scorrere insieme le varie domande e risposte proposte per essere certi che ognuno abbia chiaro cosa gli si sta chiedendo. Soffermarsi su questa fase tutto il tempo necessario, e permettere così, all’ascolto successivo, di concentrarsi sul testo e non sulle domande.

Capire il task non è però la sola variabile presente in questo tipo di attività. Esistono casi in cui, data la comprensione generale di una frase, lo studente non sente una parola, o una parte di essa, che magari è però un elemento chiave, e questo compromette la comprensione dell’intera frase.

Mi viene in mente un esempio tipico della didattica della lingua inglese: la forma contratta della negazione del verbo. Non so più quante volte mi sia capitato di notare che studenti che avevano perfettamente colto l’intera frase sbagliassero poi la risposta perché non avevano sentito (sentito, non capito, e c’è una differenza abissale tra i due verbi) quel n’t che trasforma you are in you aren’t, ribaltando il significato di tutto l’enunciato. Su dettagli come questo è utile soffermarsi in un secondo momento, con esercizi ad hoc che permettano di iniziare a riconoscere dei suoni che ancora non vengono discriminati.

Un altro esempio, questa volta relativo alla lingua italiana, ci viene dato da un ascolto tratto da Andiamo!, il manuale che ho scritto in collaborazione con le colleghe Elena Scaramelli ed Elisabetta Aloisi. Nel primo ascolto dell’unità 1 un gruppo di studenti del corso di italiano si presenta. Sirish, uno studente indiano, dice: “Vengo dall’India”. Per moltissimi apprendenti provenienti dall’Africa, quella frase viene colta come “Vengo da Libia”. Ecco un altro caso in cui la comprensione è compromessa, e per cui si rende necessario riprendere le forme corrette “Vengo dall’India” e “Vengo dalla Libia”

Proposta di attività a costo zero: l’onda sonora. Scegliere una coppia di parole o brevissime frasi su cui concentrarsi, sulla base di aspetti critici emersi durante le attività più specificatamente dedicate all’ascolto appena svolte. Attenzione! Dedicare questa attività ad aspetti che effettivamente compromettono la comprensione quando non colti. Potrebbe essere la differenza tra una frase affermativa e la corrispondente interrogativa, ad esempio “è tardi” “è tardi?”. Disporre gli studenti in piedi in cerchio e far pronunciare a tutti prima la frase affermativa, poi quella interrogativa, poi entrambe. A quel punto l’insegnante mima col braccio destro il movimento di un’onda che si sposta verso destra mentre dice “è tardi”, poi col braccio sinistro mima un’onda che si sposta verso sinstra mentre pronuncia “è tardi?”. Se l’onda va verso sinistra, sarà lo studente alla sua sinistra a dover pronunciare una delle due frasi (a sua scelta), determinando così chi sarà la persona successiva a doverlo fare. Viceversa, se l’onda si muove verso destra, sarà lo studente a destra dell’insegnante a parlare. Cominciare lentamente poi far muovere le “onde” sempre più rapidamente. Oltre, come si diceva, a focalizzarsi su un discrimine importante, questa attività è molto stimolante e piacevole.

Ho proposto quindi qui due rapide riflessioni e due attività ad esse collegate che è possibile svolgere anche senza preparazione, vale a dire attività pronte all’uso perché non richiedono né l’utilizzo di materiali né di particolari attrezzature. La prima riflessione è relativa alla comprensione globale del testo, la seconda è dedicata a un momento fortemente analitico.

C’è molto altro da dire sull’ascolto, sulle strategie per sviluppare questa abilità e su possibili tecniche da usare in classe. Dedicherò altre riflessioni a questo tema. Resta comunque inteso, qualsiasi lavoro si proponga, che l’obiettivo ultimo di un insegnante è rendersi superfluo permettendo allo studente di raggiungere l’autonomia nelle interazioni quotidiane. Quindi resta valido che, prima di proporre qualsivoglia attività legata a un testo input orale, la domanda da porsi è: “è utile agli studenti che ho in classe per sviluppare strategie che li portino all’autonomia?”
 

Nadia Fiamenghi

 


[1] Per chi legge l’inglese, qui si possono trovare primi interessanti spunti di riflessione //www.tesol.org/docs/books/bk_ELTD_Listening_004

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