Per un'educazione alla creatività
Insegnare ad essere creativi non è materia che si possa risolvere in due ore, non c’è dubbio. C’è chi ritiene che la creatività sia un talento naturale, o perlomeno una specie di predisposizione che in alcuni si mostra più sviluppata che in altri. Chi, invece, ritiene che creativi lo si divenga col tempo ed è assolutamente certo che una simile competenza possa essere democraticamente padroneggiata da chiunque. Come immediata conseguenza dell’assenza di un punto di vista univoco e universalmente condiviso, la faccenda dell’insegnare ad essere creativi si complica maledettamente.
Eppure, gli strumenti per stimolare e motivare la fantasia non mancano. Nello specifico, parlando di didattica dell’italiano L2, si tratta di capire quali tecniche e quali approcci possa impiegare l’insegnante per indirizzare al meglio i suoi apprendenti stranieri su di un percorso candidamente votato alla creatività.
Prima di affrontare la questione della metodologia inerente alla produzione scritta - e, in particolare, alla produzione creativa - , mi sia concessa una doverosa premessa di carattere teorico.
Che cosa significa oggi essere creativi? Sembra una domanda banale, ma, come spesso accade, è proprio agli interrogativi più semplici che fatichiamo a trovare una risposta accettabile.
Già, perché non è proprio chiaro che cosa voglia dire lavorare creativamente in questo preciso periodo storico. Se tenessimo fede alla sempre più imperante legge del marketing, il creativo sarebbe quella persona, dotata di una spiccata capacità di problem solving, in grado di trovare soluzioni particolarmente originali e innovative per l’azienda. Tradotto in parole più semplici: saper escogitare metodi efficaci per aumentare le vendite.
Da questo punto di vista, il creativo lavora spesso nella comunicazione o nella pubblicità, dando il suo contributo all’identificazione dell’azienda con il suo marchio, al miglioramento dell’immagine e all’estendersi dell’audience.
Con l’esplosione dei social network e il predominio del marketing digitale, la creatività ha preso un’altra direzione ancora: nell’era di YouTube, di Instagram e di Facebook, il “content creator” è soprattutto l’influencer, l’utente popolare che riesce a creare un legame con una community tramite la pubblicazione e la condivisione di contenuti più o meno originali. La creatività, in questo caso, si riduce alla capacità di catturare l’attenzione proponendo qualcosa che strizzi l’occhio al gusto dell’utenza media, costituita soprattutto da adolescenti, e che, solo in alcuni casi, si propone come prodotto davvero innovativo.
Tuttavia, per quanto a lungo si possa discutere dell’effettiva creatività di certi contenuti multimediali, non si arriverà mai a comprenderne la reale portata se non ci si avvicina perlomeno in qualità di osservatori. Un errore particolarmente diffuso, infatti, è quello di guardare da lontano i fenomeni del web, come dall’interno di una campana di vetro, incapaci di superare un certo snobismo accademico e di confrontarsi con una realtà più viva di quel che si crede.
Ciò detto, un fatto è decisamente innegabile: la mancanza di una certa profondità di concetto in queste nuove “operazioni creative”. Quel che pare essersi perso è propriamente il quid che rendeva unica, per esempio, la creatività dell’artista: la volontà di offrire una propria immagine del mondo.
Che lo si interpreti da sé o che se ne inventino di nuovi, il mondo viene sconvolto dalla creatività del singolo. Ed è a questo necessario sconvolgimento che bisogna tornare. Ripartendo da questo caos, si recupera anche il senso originario della creatività, un senso legato indissolubilmente all’arte e in particolare, per quel che ci riguarda, all’arte della scrittura.
Quella di cui abbiamo bisogno è una creatività profonda, concettuale, senza secondi fini, che non ponga tanto l’accento sul contenuto, quanto sull’operazione necessaria ad ottenerlo. La scrittura creativa si basa fondamentalmente sull’operatività costitutiva del pensiero. La mente si sforza e, sforzandosi, tende verso l’apertura di possibilità nuove: universi, mondi, storie, eventi e personaggi; il tutto legato da una fantasia in accordo con la ragione.
Scrivere creativamente è, prima di tutto, un’esperienza, un’intenzione, un esercizio. E qui ci viene in aiuto il magnifico libro di Raymond Queneau, Esercizi di stile, ormai un classico della letteratura europea contemporanea. Scritta nel 1947, l’opera racconta una storia di vita quotidiana in 99versioni letterarie differenti: a Parigi, un uomo sale su un autobus, assiste alla lite tra due passeggeri, uno dei quali incrocia il narratore due ore più tardi alla Gare Saint-Lazare. Il contenuto, semplice e apparentemente banale, non cambia mai, piuttosto è la forma a cambiare: di volta in volta lo stile della narrazione viene stravolto, utilizzando un registro differente, giochi di parole, figure retoriche o addirittura generi testuali diversi.
Il merito di Queneau è soprattutto quello di rendere alla perfezione l’idea di quante opportunità si aprano per una mente creativa. Al tempo stesso, però, l’autore ci avvisa che nell’operazione creativa è in gioco un altro elemento fondamentale: il vincolo. Sì, la creatività è libertà, ma perché questa creatività funzioni ci vogliono dei limiti. Regole grammaticali, figure retoriche, giochi linguistici, limiti di tempo o di spazio: non è la natura del vincolo a fare la differenza, ciò che importa è che la nostra mente si senta sfidata. Per essere davvero creativi, dobbiamo rispondere a una sfida e per partecipare a questa sfida dobbiamo seguire delle regole.
La creatività avulsa da qualsiasi regola o vincolo è pura confusione. Provate a dare una traccia completamente libera ai vostri studenti: per la maggior parte del tempo se ne staranno imbambolati chiedendosi che cosa mai dovranno scrivere - o che cosa l’insegnante si aspetta che debbano scrivere.
Fatta questa premessa sulla natura della creatività e detto dell’importanza dei vincolo, mi preme ora sottolineare alcune condizioni perché possa essere proposto un percorso di scrittura creativa a un gruppo di studenti di italiano L2.
In primo luogo, la passione per la lettura. Sembrerà un’ovvietà, ma se non si è assidui lettori, difficilmente si produrrà qualcosa di buono. Lo scrittore creativo non produce mai veramente da zero, ma ha una solida base di conoscenze da cui partire. Inutile aggiungere che se manca questa base i risultati saranno piuttosto deludenti.
È forse necessario avere una conoscenza enciclopedica della storia della letteratura per essere creativi? Ovviamente no, ma è indubbio che la confidenza con la natura peculiare del testo letterario - dei suoi contenuti e dei modi sempre unici in cui questi vengono espressi - aiuti a spezzare l’imbarazzo del foglio bianco e a produrre qualcosa di significativo.
Dunque, il primo step è accertarsi che gli studenti leggano con una certa regolarità: più frequentamente libri in L1, ma, più si avanza di livello, più si trovano studenti in grado di leggere, anche per piacere personale, romanzi e saggi in L2 con una certa disinvoltura.
Il secondo passaggio, immediatamente successivo, è assicurarsi che non percepiscano la scrittura come un obbligo, come un’imposizione finalizzata esclusivamente al superamento di un esame.
L’attività di scrittura creativa deve esulare dal normale percorso che porta lo studente a sviluppare la produzione scritta come un’abilità funzionale al raggiungimento di un determinato livello di competenza linguistica. Piuttosto, deve configurarsi - ed essere percepita - come un’attività ludica, come un gioco che s’inserisce “casualmente” nel percorso ordinario d’apprendimento[1] e che può essere sfruttato come un’ulteriore motivazione.
Parlando di condizioni, sembrerà un paradosso, ma la proficiency non è un requisito necessario. Un lavoro sulla creatività, infatti, può essere adattato a più livelli: dall’apprendente A1 allo studente con competenze pari a un nativo.
Creatività per tutti: proposte di scrittura creativa per i livelli A1 e B2
Molti ritengono che la creatività sia un qualcosa di democratico. Tutti vi possono accedere, a prescindere dal livello di competenza linguistica. E io sono tendenzialmente d’accordo con questa posizione: la conoscenza della lingua non influenza la creatività[2] del singolo, ma certamente riguarda il modo in cui questa creatività viene espressa. La sfida per l’insegnante, allora, è di dare gli strumenti adeguati affinché questo essere creativi si espliciti correttamente.
Naturalmente, tali strumenti saranno diversi per uno studente di livello A1 e per uno di livello B2, giacché, a differenza del primo, il secondo può contare su di una padronanza pressoché completa delle strutture e delle funzioni della lingua. Come ovviare, dunque, a questa distanza?
Ebbene, esistono alcune tecniche che consentono di sfruttare la creatività degli studenti di livello base per produrre qualcosa di originale: non solo giochi, immagini, disegni, ma anche veri e propri testi. Tra queste ce n’è una che mi ha particolarmente colpito per efficacia e positività di feedback.
La tecnica, di cui vorrei parlare in questa sede, è la simulazione globale, un’attività didattica che mi è stata fatta conoscere da una collega docente in classe universitaria di livello A1.
Semplificando forse indebitamente, l’attività potrebbe essere vista come un enorme role-play: gli studenti sono invitati a scegliere una città italiana e a modificarla a piacimento con alcuni input e materiali forniti dal docente, creando profili di abitanti-tipo (che funzionano come avatar personali), inventando luoghi e attività ricreative, immaginando la vita nella città, insomma riempiendo tale realtà di caratteristiche e di dettagli frutto della propria fantasia. Divisi in gruppi (contrade), gli studenti s’immergono nella realtà da essi stessi creata, arrivando a produrre brevi testi come carte d’identità dei propri personaggi, recensioni di ristoranti, ricette tipiche, ecc.
Tutto viene poi raccolto in un grande libro che riassume l’intero ambiente simulato. All’interno di questo libro, vengono anche inserite alcune produzioni libere degli studenti: in questo caso particolare, la collega ha invitato gli studenti, dopo opportuna motivazione e analisi di casi emblematici, a realizzare delle poesie futuriste dedicate ad alcuni elementi particolari della città.
Non dovendo adoperare strutture grammaticali particolarmente complesse, ma potendo utilizzare con una certa libertà verbi all’infinito, aggettivi, nomi e persino onomatopee, gli studenti possono trovare nella poesia futurista non solo un genere letterario relativamente accessibile, ma anche un’attività di scrittura creativa adatta al loro livello. A questo va aggiunto poi l’indiscutibile valore estetico di alcune composizioni, che, alla produzione verbale, aggiungono forme e ricami, in taluni casi, di pregevole fattura. Realizzare testi di questo tipo non sarà forse un indicatore del livello di competenza linguistica, ma è certamente un’occasione per lavorare creativamente unendo l’aspetto ludico della realtà simulata e del disegno a quello letterario e linguistico della poesia.
D’altro canto, una proposta di attività per studenti di livello avanzato (da B2 in avanti) potrebbe fare leva su tecniche didattiche più a contatto con le strutture e l’uso della lingua. Penso soprattutto all’importanza che hanno in letteratura le figure retoriche, i giochi linguistici, i proverbi, i modi di dire e le frasi idiomatiche[3].
Volendo esemplificare un percorso didattico di questo tipo, può essere un buon punto di partenza l’opera di Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, un volumetto molto accattivante, che presenta, in una forma più esplicativa e analitica rispetto all’opera di Queneau, alcuni tra i più interessanti giochi linguistici con cui è possibile creare delle storie.
In particolare, nell’ambito di un’unità di acquisizione da me progettata per una classe di studenti universitari di livello B2, uno spunto molto utile mi è stato dato dalle pagine relative all’acrostico.
Ora, l’acrostico è un metodo di composizione poetica che consiste nel prendere una parola e per ognuna delle lettere che la compongono scrivere un verso che inizi proprio con quella lettera.
Il gioco è semplice, ma, al tempo stesso, estremamente delicato, almeno a livello concettuale: si tratta di partire da una parola densa di significato, scomporla nelle sue unità minime prive di senso, e da questi atomi di puro significante costruire qualcosa di ancor più grande della parola di partenza, cioè una poesia.
Consideriamo, ad esempio, la parola albero, una scrittura composta mediante acrostico potrà svilupparsi in questo modo:
Angelica
Luce
Bere
Esausta
Riposa
Ombra
In fase iniziale non è necessario che la composizione abbia un senso. Basta che le parole inizino con la lettera corrispondente. Successivamente, il percorso da me indicato ha previsto due passaggi ulteriori: creare una frase grammaticalmente corretta, ma non per forza di senso compiuto e, infine, creare una frase grammaticalmente corretta e dotata di senso compiuto.
Un’operazione non semplice, ma che sicuramente stimola la creatività degli apprendenti passo dopo passo. Questo tipo di attività è stata proposta in conclusione a una lezione che ha avuto come argomenti principali la magia e il genere della fiaba - tant’è che la parola proposta per l’acrostico è stata proprio magia. Come attività di produzione individuale, infine, gli studenti hanno dovuto recuperare il loro primo acrostico (quello slegato da legami grammaticali e di senso) e, sulla scorta di quanto indicato da Rodari nel suo libro, scrivere un breve racconto di fantasia che contenesse le parole ricavate dall’acrostico. Creatività con vincolo.
Proposto come attività da svolgere a casa, il compito ha ottenuto un ottimo riscontro, se si pensa che si trattava dell’ultima lezione di un corso di scrittura semestrale e che l’attività, pur non essendo obbligatoria, è stata realizzata e opportunamente consegnata dall’80% degli studenti, con risultati decisamente apprezzabili, per quanto concerne sia la correttezza dei testi sia l’originalità delle storie.
Questo è solo un esempio di tecniche di scrittura creativa a disposizione degli insegnanti. Chiaramente la valutazione dello strumento migliore dovrà essere correlata non solo al livello di competenza, ma anche al profilo generale e alle motivazioni dello studente, giacché non tutti possono trovare nella scrittura un mezzo stimolante e interessante per esprimere la propria creatività. Sappiamo, infatti, che ormai il gusto contemporaneo punta all’immediatezza dell’immagine e alla riproducibilità del video, lasciando sempre meno spazio alla profondità della parola scritta. In caso di emergenza, allora, si potrà lanciare un salvagente nel mare magnum di Internet e attingere al pozzo senza fondo delle risorse multimediali...ma questa è tutta un’altra storia.
Manuel Pezzali
[1] Per questo motivo, proporre un intero corso incentrato sulla scrittura creativa potrebbe essere una mossa controproducente. Sostituendo l’occasionalità (fondamentale per lo spunto creativo) con la regolarità, si finisce con l’influenzare negativamente non solo la motivazione, ma anche l’eventuale risultato finale. La forma del “laboratorio”, d’altro canto, con un numero ridotto, ma concentrato di ore di lezione, potrebbe essere una soluzione più efficace.
[2] Un altro fattore che sarebbe interessante analizzare è la modalità con cui la cultura non solo influenza le modalità espressive del singolo, ma soprattutto inquadra la sua creatività all’interno di determinate categorie e schemi concettuali. Posto che si possa effettivamente parlare di creatività come una facoltà universale, sarebbe interessante rilevare, sulla scorta dei testi eventualmente prodotti, come le diverse soluzioni creative cambino a seconda della cultura di chi le adopera.
[3] In questo caso, ben si applicherebbe un percorso didattico modellato sull’esempio fornito da Queneau nei suoi Esercizi di stile.