Guardando, imparo
Cominciamo dalle realtà assodate: un buon insegnante lavora meglio se ha l’opportunità di usare un buon manuale durante le sue lezioni.
Passiamo a una realtà un po’ meno assodata: cosa fa di un manuale un buon manuale? In altri termini, quando inizia un corso, un anno scolastico o un modulo di studio perché l’insegnante sceglie un volume piuttosto che un altro?
In tanti anni di insegnamento è capitato diverse volte di sentire pareri discordanti su uno stesso volume, da “mi trovo benissimo con questo” a “non riesco proprio ad usarlo”. C’è molta soggettività, nella scelta di un libro.
Quali possono essere allora, se ce ne sono, i punti fermi da considerare? Probabilmente, al netto del gusto personale di ciascuno, a determinare la qualità di un materiale didattico è la trasversalità che tiene lo sguardo puntato sulla bellezza, offrendo qualche elemento di novità.
Come suona bene! Ma cosa significa, in concreto? ;-)
Significa che è un libro fruibile da tutti i soggetti coinvolti, curato nell’aspetto e con qualcosa di innovativo. Azzarderei l’ipotesi per cui la presenza della seconda e della terza caratteristica agevolano il presentarsi della prima, pur non bastando da sole. Per questo le analizzerò dall’ultima alla prima.
Qualcosa di innovativo. Uno strumento che funziona da anni molto bene sono i video. Il testo input non è più solo orale, ma è corredato da immagini in movimento che creano un contesto, danno volti ed espressioni a chi parla, offrono ancora più spunti per il lavoro in classe. Il video poi negli ultimi anni ha visto notevoli miglioramenti: dai dialoghi poco realistici registrati in studio diverse case editrici si sono via via spostate verso registrazioni effettuate in strada o comunque in luoghi pubblici, con dialoghi più realistici, arricchiti di espressioni idiomatiche, segnali discorsivi, pause, esitazioni, magari anche qualche Ehm…, insomma tutto come accade nelle vere conversazioni di tutti i giorni. E forse l’innovazione dà il meglio proprio in questo: migliorare uno strumento già esistente per farne qualcosa di nuovo, lasciando comunque una sensazione di familiarità perché già noto a chi lo usa (e quindi eliminando tutti quegli aspetti di resistenza che si instaurano a volte per mancanza di tempo/energie/competenze tecniche verso le novità propriamente intese).
Il secondo punto è la bellezza. In didattica questo connotato assume due valenze. Anzitutto quella di qualcosa di bello da vedere. Online ci sono migliaia di video per le lingue straniere, tutti video in situazione “la telefonata di lavoro”, “all’aeroporto”, “al supermercato”, “la mia giornata”… Alcuni sono proprio brutti. A onor di verità, vale soprattutto per quelli più vecchi, proprio per quanto detto sopra. Eppure compaiono tra i primi risultati di ricerca, e l’insegnante che ha poco tempo per dedicarsi a trovare qualcosa di più rischia di usare materiali certamente utili, ma quanti sbadigli in aula! La seconda valenza della bellezza, in aula, è quella della vicinanza all’esperienza di chi fruisce il video. Significa cura del dettaglio. Per fare un esempio pratico, “al ristorante” può concretizzarsi in tre video diversi a seconda che sia pensato per un manager che vive soprattutto l’esperienza dei pranzi di lavoro, per uno studente che mangia al fast food, oppure per una famiglia in vacanza. Più quel contenuto è reso vicino a chi lo guarda, e questo vale sia per le scelte di lessico e funzioni che per l’ambientazione, l’abbigliamento, e tutto ciò che è contesto, più l’osservatore lo percepirà come bello. Bello per sé.
Ed eccoci così al primo punto, la trasversalità. Un video realizzato rispettando (anche) i canoni sopra descritti sarà facilmente utilizzabile, come si diceva in apertura, da tutti i soggetti coinvolti nella formazione: studenti e insegnanti. Questo è un punto nodale. È giusto e necessario che i materiali didattici siano creati pensando agli apprendenti. È più raro trovarne di pensati anche per i docenti. Eppure, fornendo un prodotto che ha già in sé tutto ciò che serve, e quindi necessita di poche spiegazioni perché già chiaro, e corredandolo con un apparato di attività diversificate che allo steso tempo lasciano la possibilità all’insegnante di inventarne altre perché il testo input è molto ricco, si sta offrendo uno strumento che verrà scelto più volentieri. Perché vantaggioso per tutti.
Non solo. Chi insegna sa bene che spesso i video non sono utilizzabili in aula perché mancano le apparecchiature (proiettore, sistema di amplificazione audio degno di tale nome…) e allora si rischia di rinunciare all’uso di un testo che sì, sarebbe stato proprio quello che faceva al caso mio per parlare di quella cosa lì, ma come posso fare?
Che bello è invece potersi togliere il pensiero perché il video ha una traccia audio corrispondente ed esattamente identica, che ne permette l’uso anche in aule poco attrezzate. E resta la possibilità di estrarre fotogrammi dal video e creare attività ad hoc, proprio per costruire comunque il senso di familiarità con le immagini di cui si diceva sopra.
Dove si possono trovare materiali così? Eccone un esempio //www.loescher.it/dettaglio/opera/o_32521
Nadia Fiamenghi