LOLA, un nuovo acronimo per la valutazione
Mi è capitato spesso di confrontarmi con i colleghi in merito alla valutazione, uno dei temi che aprono moltissime opportunità di dibattito per chi fa il nostro mestiere.
Basterebbe soffermarci un paio di minuti su alcune domande guida per scoprire come le risposte possibili siano moltissime, e tutte, fondamentalmente, corrette:
- Cosa valuto, quando valuto?
- Perché valuto?
- Che strumenti scelgo di usare per la valutazione?
- Cosa escludo dalla mia valutazione?
- Che tipo di feedback fornisco, se lo fornisco?
- …e così via
Anzitutto, è necessario dotarci qui di un paio di definizioni che ci permettano di orientarci, chiarendo al contempo che non si ha la pretesa, data la vastità dell’argomento, di esaurirlo in poche righe.
Per valutazione si intende “un processo complesso in cui i risultati raccolti attraverso le prove di verifica vengono interpretati alla luce di altri elementi generali quali la storia personale dello studente, il suo atteggiamento durante le lezioni, la provenienza sociale, ambientale e familiare, i problemi psico-affettivi, la cultura e la madrelingua soprattutto laddove la classe sia formata da studenti di origine diversa.” [1]
La già incredibilmente ampia definizione qui citata può ampliarsi ulteriormente in base all’influenza di altri fattori, quali “l’efficacia dei metodi e dei materiali di insegnamento, la soddisfazione degli apprendenti e dell’insegnante, la coerenza tra il tipo e la qualità dei discorsi effettivamente prodotti e il programma.” [2]
Una delle prime distinzioni che mi è stata spiegata quando ho iniziato a lavorare come insegnante è stata quella tra , valutazione sommativa (“si effettua per rilevare le conoscenze e le competenze alla fine delle unità di apprendimento” [3]) e valutazione formativa (“si attua nel corso del processo di insegnamento-apprendimento allo scopo di indirizzarne le tappe successive” [4]): per quanto effettivamente utile per comprendere l’indirizzo che vogliamo dare alla valutazione, non restringe tuttavia il nostro campo di indagine.
Proviamo allora a concentrarci sull’elemento fondante della valutazione, fondante a prescindere dalla forma che vogliamo fargli assumere: il test.
Porcelli individua i quattro requisiti di pertinenza (riesce a verificare gli elementi che realmente si vogliono verificare), accettabilità (viene percepito come utile sia dall’insegnante che dallo studente), comparabilità (fornisce dati che possono essere confrontati da uno o più valutatori) ed economicità (soddisfa esigenze di impiego pratico in termini di tempo necessario per la somministrazione e la correzione) come requisiti generali di un test di lingua straniera. [5] Queste quattro caratteristiche ci dicono come un test deve essere, e sono preziose perché tengono conto del fatto che il test è uno strumento che richiede una qualche forma di negoziazione tra esso, l’insegnante e lo studente, oltre che tra i vari insegnanti. Il test purché sia, la verifica finalizzata al voto come momento necessario nel percorso di formazione, non funziona perché rischia già nlle premesse di non soddisfare questi requisiti.
Dentro un quadro tanto complesso, è solo in tempi molto recenti che mi sono imbattuta nell’acronimo LOLA, coniato dai nostri colleghi anglosassoni, in particolare da L. Hamp-Lyons.
LOLA significa Learning-Oriented Language Assessment (Valutazione linguistica orientata all’acquisizione), e sostanzialmente si tratta di un cambiamento del punto di vista nell’atto di valutare: in LOLA, “i test vengono visti come opportunità di acquisizione.” [6] Questo probabilmente ci trova già tutti d’accordo, a livello teorico: dal confronto con i colleghi mi pare siano pochi i docenti che oggi utilizzano il test come strumento per esercitare una qualche forma di autorità, finalizzato al voto e senza alcun tipo di feedback.
Ma Hamp-Lyons ci dice di più, ci dice due cose interessanti. Da un lato, spiega come si concretizza il LOLA. Dall’altro, e qui si apre una bella opportunità di riflessione, evidenzia come LOLA non sia in contrapposizione con il testing ufficiale, che nel saggio in oggetto è specificamente individuato con le certificazioni linguistiche, ma possa integrarlo per fare dei test delle reali opportunità di apprendimento, intenzionalmente progettati per esserlo.
Allora, anzitutto, ecco le caratteristiche di una valutazione orientata all’acquisizione:
1. “I compiti sono designati per stimolare un apprendimento efficace
2. Gli apprendenti sono attivamente coinvolti nella valutazione della qualità della propria performance e di quella dei loro pari
3. Il feedback è immediato e mostra agli apprendenti come agire per far progredire il proprio lavoro, supportando l’apprendimento presente e futuro”. [7]
In questo nuovo modello valutativo, un ruolo chiave è rivestito dall’interazione, sia essa tra interlocutore e candidato oppure tra i candidati. Questo perché l’interazione è un’abilità chiave in ogni acquisizione linguistica.
Nel contesto di produzione orale nell’ambito del testing per una certificazione, alcuni accorgimenti nel comportamento dell’esaminatore possono supportare LOLA:
- Linguaggio del corpo incluso contatto visivo (non solo è importante che ci sia un contatto visivo tra l’esaminatore e il candidato, ma anche che questo avvenga al momento giusto, per rafforzare la solidarietà fra i due)
- Introduzione e gestione dell’argomento (i cambi improvvisi di argomento da parte dell’esaminatore o le difficoltà a mantenere l’argomento proposto impediscono una piena realizzazione del LOLA)
- Intonazione, ritmo, pause (un esaminatore che tende a fare pause quando è lui stesso a dover pensare alla domanda successiva risulta meno orientato all’acquisizione rispetto a uno che rallenta il ritmo e usa le pause nel proporre le domande ai candidati e prestando attenzione a questi ultimi)
- Strategie di chiarimento, o assenza di (queste strategie e la correzione dell’errore sembrano mancare in molte fasi di produzione orale delle certificazioni)
- Correzione o riparazione dell’errore
- Gestione dei turni di parola nelle sezioni a coppie (quando ai candidati viene data l’opportunità di interagire in coppia piuttosto che in modalità esaminatore-candidato, le interazioni che si creano sono più articolate e complesse. Nonostante l’inevitabile artificialità della stanza d’esame, le interazioni che nascono in questo contesto somigliano molto a conversazioni reali)
- Elicitazione dell’interazione candidato-candidato (portare i candidati a formulare domande più complesse di quelle che richiedono risposte sì/no, per elicitare un maggior numero di idee) [8]
Come trasportare queste considerazioni, che come si diceva, nascono nell’ambito dell’osservazione dello svolgimento della prova di produzione orale all’interno di certificazioni linguistiche in lingua inglese, nella didattica quotidiana dell’italiano L2 (restiamo, per ora, nell’ambito della produzione orale)?
Personalmente, mi sono molto ritrovata nei temi del contatto visivo, delle strategie di chiarimento, del mantenimento dell’argomento e della correzione dell’errore. Sono aspetti a cui faccio molta attenzione in ogni momento di valutazione, forse persino in ogni momento d’aula: credo sia infatti più corretto dire che sono aspetti a cui faccio attenzione non solo nei momenti d’aula non dedicati alla valutazione (non a quella formale, almeno), ma anche in fase di verifica.
Trovo allo stesso modo molto importante l’interazione a coppie (o a piccoli gruppi): è vero che, interagendo fra pari, pur essendo nella situazione altamente ansiogena della valutazione, e sapendo di esserlo, gli studenti producono più e meglio, rilassandosi un po’ e permettendo alla conversazione di fluire più liberamente di quanto accada con l’esaminatore. Il fatto che l’esaminatore, cioè in questo caso io, sia una persona con cui hanno fatto un percorso, imparando a conoscerla e sapendo, sostanzialmente, che non è certo lì per far loro uno sgambetto e sghignazzare se inciampano, in fase di verifica non aiuta. Il test è il test, fa paura a prescindere, quasi a tutti.
Per quanto riguarda l’argomento, generalmente passo la palla: lascio scegliere a loro con cosa iniziare, e lo sanno. In altri termini, dico in anticipo che sarà loro facoltà stabilire di cosa parlare come primo argomento. Scegliendo un tema su cui si sentono ferrati, o che semplicemente piace di più, avviano la conversazione in tranquillità, sanno che non ci saranno sorprese, e si rinforzano nella convinzione di saper parlare perché lo stanno facendo, stanno parlando. Questo, va da sé, influisce positivamente sul seguito del test. Spesso poi capita che l’argomento di apertura resti l’unico, perché trattandosi di interazione con me faccio domande, commento, racconto aneddoti, avendo cura di inserirmi in modo pertinente, e da lì nascono nuovi spunti di conversazione che portano naturalmente ad ampliare il discorso, esplorando altri vocabolari, altre strutture, altre funzioni, e potendo così valutare globalmente l’acquisizione in quel momento di quello studente.
Vorrei infatti sottolineare questo: in LOLA la valutazione è contingente, è del momento, a differenza di quanto accade normalmente nel testing di larga scala, di cui le certificazioni sono un esempio molto calzante, dove la valutazione è data e percepita come assoluta.
Ecco allora come, all’interno della valutazione, sia possibile affidarsi a nuovi paradigmi che tengano in grande considerazione l’apprendente e il suo personale e specifico processo di acquisizione, senza tuttavia perdere di vista il fatto che un test, qualunque sia il suo oggetto, ha necessità di un riscontro in qualche modo oggettivo, che possa dire in modo chiaro all’insegnante, allo studente e a eventuali altri insegnanti dove si è arrivati fino a quel punto, cosa può essere migliorato e soprattutto come. Penso che questo sia ancor più realizzabile, a meno che siamo esaminatori di certificazioni linguistiche, quando questa premessa è resa chiara in tutto il percorso di studio della lingua: quello che stiamo realizzando è learning-oriented, orientato all’acquisizione, e lo è in ogni singolo passaggio, testing compreso.
E voi, come valutate? A quali aspetti date importanza e quali ritenete invece marginali? Cosa state valutando? In generale, che esperienza avete del momento di valutazione?
Nadia Fiamenghi
[1] F. Biotti, “La verifica”, in P. Diadori (a cura di), Insegnare italiano a stranieri, Firenze:Le Monnier, 2011
[2] Idem
[4] F. Biotti, cit.
[5] G. Porcelli, Principi di glottodidattica, Brescia:La Scuola, 1994 cit. in F. Biotti, cit.
[6] L. Hamp-Lyons, “Language assessment literacy for language learning-oriented assessment”, Papers in Language Testing and Assessment Vol. 6, Issue 1, 2017, traduzione mia
[7] Carless, D., Joughin, G., Liu, N. F. and associates (2006). How assessment supports learning: learning-oriented assessment in Action. Hong Kong, Hong Kong University Press, cit. in L. Hamp-Lyons, cit., traduzione mia
[8] Adattato da L. Hamp-Lyons, cit.